La stanza del dottor Julien Rodriguez è bianca ed asettica, e per una volta Alexander si ritrova a pensare quanto sia spaventoso per un paziente dover aspettare in un posto così poco confortevole, senza che lo sguardo riesca ad appigliarsi su nulla.
Mary è accanto a lui, seduta rigidamente su una sedia, e gli tiene una mano, gliela stringe spasmodicamente nonostante il viso non tradisca il minimo cenno di emozione. E' stanca però, e ha gli occhi arrossati di chi passa le sue notti a piangere fino ad esaurire le lacrime.
Quando la porta si apre è lei la prima a scattare in piedi. Julien Rodriguez è un uomo sulla quarantina, alto e slanciato e dai chiari tratti ispanici. Porta un paio di occhiali grandi e spessi, un plico di fogli in mano, e la sua espressione è tale che Alexander deve sedersi di nuovo, le gambe molli come gelatina.
"Alex... Mary...perdonatemi il ritardo."
"Perchè ci hai chiamati a quest'ora, Julien? E' successo qualcosa a Brendan?" C'è una traccia udibile di ansia nella voce del professor Scott, tanto che Mary lo guarda, sperduta. "Ci sono...novità?"
Il dottore cerca di sorridere, ma pare troppo guardingo. Si siede anche lui con calma, posando il plico di fogli sul tavolino.
"Stai tranquillo. Sono solo arrivati gli ultimi esami." Un cenno al plico lì avanti a lui. "Quei bastardi lo hanno conciato male, ma si riprenderà. Lo teniamo ancora un po' in coma farmacologico, almeno finché non andrà meglio, ma non sembra che il trauma abbia lasciato danni cerebrali permanenti."
Mary cede. Comincia a singhiozzare in silenzio, coprendosi la mano con la bocca e piegandosi appena, e il marito le strofina la schiena, quasi di riflesso. Sta ancora guardando il suo collega, il suo amico.
"Julien...non hai mai fatto quella faccia per nulla. Che cosa c'è che non va?". Insiste, cercando il contatto oculare con il dottore, che continua a sfuggirgli.
Un breve silenzio e poi Julien sospira, portandosi una mano alla montatura degli occhiali.
"Oh, Dio...non avrei mai creduto di dovervi fare una domanda più imbarazzante." Esita talmente tanto che perfino Mary smette di singhiozzare.
"Il fatto è che...vorrei sapere se...qualcuno della vostra famiglia per caso è...accidenti..." Julien si toglie gli occhiali, per pulirli, e sospira di nuovo, sistemandoli e prendendo un'espressione seria.
"Nelle vostre famiglie c'è qualche mutante di cui siete a conoscenza?".
"...Cosa? Mutanti?" Domanda Mary, alzando la testa con così tanta veemenza che le vertebre schioccano. "No, no...non che io sappia...che significa...". L'occhiata tremante che rivolge ad Alexander la fa impallidire.
I suoi occhi sono sgranati, le dita affondate nei braccioli della poltrona.
"Non può essere."
Abbassando lo sguardo, quasi vergognandosi, il dottor Rodriguez estrae alcuni fogli dal plico, allungandoli gentilmente verso i due coniugi. Mary li afferra con la veemenza di un rapace, scorrendoli con occhi ancora umidi.
"C'è un'evidenza abbastanza marcata della presenza del gene X. Abbiamo avuto il sospetto quando la polizia ci ha riferito le testimonianze di alcuni dei ragazzi che erano con lui e sono andati a cercare aiuto, ma..."
"Non è possibile. In questi mesi Brendan ha fatto analisi su analisi, non c'era niente, è impossibile che...Al". La moglie comincia a scuotergli il braccio, disperata, la voce rauca. "Al, diglielo tu..."
"Nessuno stava cercando. Non avrei mai immaginato, non c'è nessuno..." La naturale pacatezza di Alexander cede di fronte a quella novità, e lui deve fare uno sforzo cosciente affinchè le sue labbra non comincino a tremare.
"...cos'è?".
Julien scuote la testa, gli occhi pieni di comprensione.
"Non lo sapremo per certo finchè non si sveglierà. Avete parlato di mal di testa persistenti e malori, vero?" Il dottore stringe le labbra quandi i due annuiscono, sperduti.
"I testimoni hanno riferito che il ragazzo che ha assalito Brendan per primo menzionava cose...strane. Diceva che gli stava parlando senza aprire bocca."
"Un telepate." Mary anticipa tutti, pietrificata sulla sua sedia, affondando poi il viso tra le mani. Stavolta Alexander non se ne accorge nemmeno. Fissa ad occhi sgranati Julien, e lui per un attimo quasi teme un infarto.
"...Posso..." Comincia, senza saper bene che dire, afferrando dei plichi pubblicitari sulla sua scrivania.
"Non dovreste preoccuparvi...in fondo è un potere perfettamente gestibile. Dopo il primo periodo di aggiustamento vedrete che riuscirà a conviverci. In fondo, un mutante non è diverso dalla normale popolazione..."
Mordendosi la lingua, Julien continua, esitante.
"Ci sono alcuni gruppi di ascolto per casi del genere in città, se vi va. Scuole per...quelli come lui... un po' in tutti gli stati... Per Brendan potrebbe essere uno shock. Dovreste prendere in considerazione l'idea che..."
"No. Non abbiamo bisogno di alcun aiuto." La risposta del professor Scott è così veemente che Julien sobbalza. Alexander è rigido, e lo sta guardando male.
"Brendan starà benissimo".
"Ma..."
Il gesto dell'uomo taglia tutte le proteste del dottore, e il suo sguardo lo gela sul posto. C'è tanto disprezzo, tanta angoscia, tanto senso di colpa in quello sguardo, che perfino Julien si sente soffocare.
"Se la caverà alla grande. Non ha bisogno di tutte quelle sciocchezze. Tu pensa a rimetterlo in piedi."
Alexander fa alzare la moglie, anche se lui stesso non sembra in grado di reggersi bene sulle gambe.
"Ti ringrazio degli aggiornamenti, Julien. Ora è meglio se andiamo, è tardi. Coraggio, Mary...su..."
Julien non si alza nemmeno dalla sua sedia, in mano ancora i piccoli opuscoli colorati, e li guarda uscire dalla sua stanza, abbracciati come naufraghi in mezzo ad una terribile tempesta, una di quelle troppo grandi per loro.
La porta si chiude, e il dottore sospira, scuotendo la testa.
"Non va bene."
Una fiammella nasce dal palmo della sua mano, dal nulla, bruciando tutti gli opuscoli.
Julien non pensa nemmeno a togliere la cenere ancora calda dalla scrivania. Se ne va così, a testa bassa, portando con sè il plico di fogli.
La sua espressione è ancora più cupa di prima.
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