La casa ad Ottawa non è troppo diversa da quella di Albany, la famiglia Scott se ne è accorta piuttosto presto, e forse questa è l'unica cosa positiva della faccenda. Ogni tanto ci si può anche dimenticare di essere scappati da un mondo di schifo, con tanta paura di una solitudine che si è tristemente avverata.
Quando Mary risponde a quella chiamata da numero sconosciuto lo fa un po' senza pensare, mentre guarda la tv.
"Ehi mom. Te ne stavi andando a dormire come una brava vecchietta o ti va di chiacchierare un po'?"
La voce tranquilla dall'altro capo del telefono gli mozza per qualche istante il fiato, ma riesce a rispondere con una severità familiare, prima di andare letteralmente in brodo di giuggiole.
"Brendan Scott, ti pare questa l'ora di chiamare? Sei sempre il solito irresponsabile marmocchio, sono mesi che...oh bambino mio, come stai? Jo ci aveva promesso di tenerci aggiornati, ma non la sentiamo da un po' e cominciavamo a preoccuparci..."
"Che te ne pare se non ne parliamo, di Jo, ma'? Non la sento più. Sto bene e faccio quello che faccio sempre."
Il tono brusco di Brendan e quell'atteggiamento secco fanno cadere lunghi istanti di silenzio, e alla fine è il telepate a riprendere la parola e tentare di colmare distanze sempre più siderali.
"Quindi...come vanno le cose? Papà ed Hector ce l'hanno fatta a sistemarsi? L'ultima volta che vi ho sentiti mi ricordo che..."
"Tutto ok Brendan, tuo padre ce l'ha fatta, ora è a lavoro, i turni sono migliorati un po'. Le cose vanno un po' meglio."
Lo sguardo di Mary corre ad una fotografia su una mensola, una delle vecchie, quando tutto sembrava essersi sistemato: lei, Alexander, Hector, Brendan e Constantin a Philadelphia...prima della guerra. Forse appena prima del matrimonio, se li ricorda quei sorrisi e quella neve.
"Mom? Hector come sta? Non mi sembra tutto ok, quella non è la tua voce da tutto un po' meglio."
Il silenzio dall'altra parte del telefono è molto lungo, e il tono diventa concitato.
"Come pensi che possa andare tutto bene, Brendan? Tu sei chissà dove, non sappiamo se in quel postaccio o, se sei in...Sandman..." Mary sputa via quella parola con uno schifo palpabile, e il tono si alza. "Condannato per omicidio, sequestro di persona... e noi non capiamo nulla di quello che succede davvero, nulla! Ti ascoltiamo alla radio, e solo così siamo sicuri che sei vivo. Tuo fratello non si dà pace, se ne sta tutto il giorno fuori, non studia e non lavora, e ti pare che sia tutto ok?".
Stavolta è Brendan che rimane in silenzio, ed è un silenzio talmente lungo che sembra quasi abbia chiuso quella telefonata.
Quando riprende a parlare, la voce è stranamente molto quieta.
"Mi dispiace. Di tutto. Se solo potessi sistemare le cose schioccando le dita lo farei, mom, ma nel frattempo sto facendo il possibile. Non è bello, non è facile, ma lo devo fare. Ne abbiamo parlato tante volte..."
Segue poi un sospiro, di quelli pesanti.
"Dici ad Hector che sto bene, e sto bene davvero: se vuole può contattarmi a questo numero, così parliamo. Non deve preoccuparsi. Sono cambiate un po' di cose, ma va tutto meravigliosamente bene.". Sembra essere convinto della cosa, ed è una convinzione così sincera che fa sorridere Mary. "Se gli va, un po' prima di Natale possiamo vederci. Io non posso muovermi molto, ma...potremmo aggiornarci..."
"Cercheremo di scendere tutti. Promesso" Le parole escono molto più rapide del previsto. "Hai un bel po' di cose da raccontare, signorino".
Una risata, ed è una risata piena. "Non hai idea di quante. Ricorda a tutti che vi voglio bene, ok? Quello non è cambiato."
"Non ti ho cresciuto per essere così ruffiano, Brendan Scott." Stavolta è il turno di Mary di ridere, una risata che lotta per non essere liquida di lacrime. "Però ti vogliamo bene anche noi. E...Brendan?"
"Mh? Cosa?"
"Siamo tanto fieri di te."
mercoledì 28 novembre 2018
domenica 21 ottobre 2018
Multiverso
"Cos'è?"
"Una torta. Coraggio, mangia."
"Ma tutta? Hai preso solo una fet..."
"Mangia"
"...Ma"
"Mangia!"
Il mondo non è un bel posto, e Brendan se ne è accorto piuttosto presto, nel momento in cui la testa gli veniva spaccata dalle sprangate di un gruppo di teppisti intraprendenti.
In effetti, il pianeta Terra, quel pianeta tra tutti, quel Multiverso tra tutti, è un posto davvero, davvero bizzarro.
E' un pianeta in cui l'esercito gira a piede libero con licenza di uccidere. E' il posto in cui donne innocenti vengono vendute a persone prive di scrupoli, e imprigionate per obiettivi disgustosi. E' il pianeta in cui si viene messi in carcere per un gene in più, dove si combatte strada per strada, centimetro per centimetro, idea per idea.
Sulla Terra la gente muore per un respiro sbagliato.
Eppure...
Su quello stesso pianeta , anche nello stesso momento forse, ci sono cose belle, ed a volte è come sentire la primavera nella testa, come se il petto si aprisse per respirare aria leggera.
Una torta divisa, un po' a forza. Entrare nuovamente in vecchi abiti.
Riuscire a guardarsi nuovamente nello specchio e non vedere solo ombre.
Il peso leggero di un gatto sul petto. Tornare a casa e accoccolarsi a qualcuno quando fa freddo. La semplice presenza, anche se non ci sono parole. Un bacio di buonanotte e la confusione di un bacio al risveglio.
Riscoprire, e riscoprirsi capaci di cose che si erano dimenticate.
Progetti in comune, e il terrore buono che viene dal rendersi conto che c'è qualcosa oltre l'orizzonte, e quel qualcosa non è solo guerra.
Forse è ora di fare pace con il passato.
Soprattutto quello, parti belle e parti brutte. Andare avanti non è una prospettiva così terribile ora.
Brendan resta sveglio e guarda Andrea, le accarezza assente i capelli, e altrettanto assente continua a sorridere.
A volte la felicità è così semplice, e sta in un singolo gesto.
domenica 9 settembre 2018
Sense of wonder
L'orologio che ha portato nel seminterrato della vecchia fabbrica che è il suo rifugio ticchetta regolare, ed è un rumore confortante.
Fuori è ancora buio: il caldo soffocante non ha però smesso di attanagliare la città e certe volte gli fa sentire la testa che gira e gli arti troppo leggeri.
Se qualcuno gli avesse detto che avrebbe passato la maggior parte del suo tempo libero sottoterra probabilmente avrebbe riso, e ridacchia tuttora al pensiero.
Chissà che tempo fa ad Houston.
La mano corre al cellulare e cerca il numero di quello che è segnato come "Signol Li" prima che si blocchi, sospiri e posi nuovamente il telefono da dove l'ha preso, con un guizzo di solitudine in più.
Ha un sacco di tempo per pensare, eppure non ha la consueta sensazione di annegare. Quell'angolino nero e ribollente c'è sempre, ma ci sono giorni in cui fa meno paura.
Ancora una volta, Brendan pensa quanto sia assurdo che l'emozione di cui si stupisce più spesso è proprio lo stupore.
E' quasi come meravigliarsi di essere vivi, e forse non è troppo diverso dalla realtà dei fatti.
Si stupisce di come si ricordi ancora come giocare sotto una pioggia che si asciuga troppo in fretta. Si stupisce quando si sveglia e ha la consapevolezza di non essere solo.
Si stupisce di sapere come si bada ai lividi, e soprattutto si stupisce di farlo.
Si stupisce delle chiacchiere, e anche dei silenzi. Del contatto e della lontananza.
Si stupisce perchè a volte è facile come se il cuore pesasse meno di una piuma, altre volte è come inoltrarsi in un labirinto di rovi e bisogna fare tanta cautela per non graffiarsi con le spine.
Anche in quei momenti non riesce a trovare motivi che gli suggeriscano di mollare. Vale la pena continuare, in qualunque modo finisca.
Perchè è vivo, anche se continua a non riconoscersi quando si guarda allo specchio. Perchè sono vivi entrambi: forse a pezzi, ma sono vivi.
Perchè ogni tanto si dimentica del sapore di cenere in fondo alla gola.
Non si allarma quando i sistemi d'allarme notificano pigramente un ingresso autorizzato.
Quando si gira c'è lei, e la prima cosa che vede quando si toglie il casco della Suit è una cascata di capelli scuri e l'espressione beffarda.
Si stupisce.
E sorride.
Fuori è ancora buio: il caldo soffocante non ha però smesso di attanagliare la città e certe volte gli fa sentire la testa che gira e gli arti troppo leggeri.
Se qualcuno gli avesse detto che avrebbe passato la maggior parte del suo tempo libero sottoterra probabilmente avrebbe riso, e ridacchia tuttora al pensiero.
Chissà che tempo fa ad Houston.
La mano corre al cellulare e cerca il numero di quello che è segnato come "Signol Li" prima che si blocchi, sospiri e posi nuovamente il telefono da dove l'ha preso, con un guizzo di solitudine in più.
Ha un sacco di tempo per pensare, eppure non ha la consueta sensazione di annegare. Quell'angolino nero e ribollente c'è sempre, ma ci sono giorni in cui fa meno paura.
Ancora una volta, Brendan pensa quanto sia assurdo che l'emozione di cui si stupisce più spesso è proprio lo stupore.
E' quasi come meravigliarsi di essere vivi, e forse non è troppo diverso dalla realtà dei fatti.
Si stupisce di come si ricordi ancora come giocare sotto una pioggia che si asciuga troppo in fretta. Si stupisce quando si sveglia e ha la consapevolezza di non essere solo.
Si stupisce di sapere come si bada ai lividi, e soprattutto si stupisce di farlo.
Si stupisce delle chiacchiere, e anche dei silenzi. Del contatto e della lontananza.
Si stupisce perchè a volte è facile come se il cuore pesasse meno di una piuma, altre volte è come inoltrarsi in un labirinto di rovi e bisogna fare tanta cautela per non graffiarsi con le spine.
Anche in quei momenti non riesce a trovare motivi che gli suggeriscano di mollare. Vale la pena continuare, in qualunque modo finisca.
Perchè è vivo, anche se continua a non riconoscersi quando si guarda allo specchio. Perchè sono vivi entrambi: forse a pezzi, ma sono vivi.
Perchè ogni tanto si dimentica del sapore di cenere in fondo alla gola.
Non si allarma quando i sistemi d'allarme notificano pigramente un ingresso autorizzato.
Quando si gira c'è lei, e la prima cosa che vede quando si toglie il casco della Suit è una cascata di capelli scuri e l'espressione beffarda.
Si stupisce.
E sorride.
martedì 31 luglio 2018
Falling leaves
L'unico problema dello stare meglio è che la mente comincia a schiarirsi. Meno dolore, meno confusione, più lucidità.
I pensieri tornano nel loro ordine confortante, tutti in fila come soldatini, e non è una cosa bella.
C'è un angolo viscoso e ribollente della sua mente, buio come una cantina, nero come il catrame.
Ci si potrebbe quasi sentire di casa: ci cammina dritto in mezzo, affondato fino alla vita in una melma conosciuta fatta di ricordi, parole, fatti.
Si ritrova a pensare ad una bottiglia di whiskey. Il sapore sulle labbra si confonde con il sangue e con quel vecchio sentore di polvere che non ha nulla a che fare con la sabbia desertica che spira per i vicoli della città.
Se potessi trovare il modo di tenere fede alle mie promesse, lo farei.
Sente ancora la stretta del mostro alla caviglia, ogni tanto il mondo nei suoi sogni si tinge di un viola cupo, interrotto da ombre minacciose e senza forma.
Qualche volta maledice l'istinto di sopravvivenza e la cosa gli fa paura.
La voce dell'avvocato è monotona, quasi rassegnata, quando gli snocciola davanti varie proposte che ascolta con un orecchio solo.
"Ti devo chiedere una cosa."
"..."
"Dille che mi dispiace. Non doveva finire così."
Brendan Scott accoglie il senso di colpa come un vecchio amico e si lascia appassire, come una foglia caduta.
mercoledì 16 maggio 2018
Taste of freedom
Di cosa sa la libertà?
Di molte cose.
La libertà ha il profumo dei fiori nel parco di Groundwater quando Flora, libera e felice, si decide a festeggiare la primavera e tutto il parcheggio sotterraneo sa di promesse.
Ha il sapore del sangue di eroi disposti a sacrificarsi affinché nulla sia perduto.
E' il rumore di una scarica di proiettili e di pugni che impattano contro gli zigomi.
E' il dolore acuto di ferite tenute a bada da sedativi, è il fastidio di un interrogatorio.
Libertà è il suono di voci familiari, abbracci, risate, sa del metallo che ricopre il suo corpo quando innalza lo scudo.
Libertà è anche il sapore delicato del tè amaro che sorseggia dopo aver parlato a lungo ed essersi guardato intorno, alla Base, osservando facce nuove e sconosciute.
Facce speranzose, facce decise, facce volitive.
La libertà è tutti loro, nei comunicati, nel coraggio di chi si espone e si squarcia per proteggere i propri compagni.
Libertà è scelta.
Non è un chip, non un'etichetta, nemmeno un nome.
E' scegliere di essere. Come essere, quando, perchè.
Ma libertà è anche altre cose.
E' una ragnatela di legacci sottili, fatti di sentimenti leggeri come l'aria e affilati come lame a doppio taglio.
Per quanto possa sembrare paradossale e ridicolo, è la libertà di potersene liberare in ogni momento e non farlo.
Essere liberi significa ricordarsi quanto fa male e farsi male lo stesso.
La libertà, alla fine, ha un sapore aspro e ruvido, ricorda la sabbia.
Libertà è un coltello nel cuore e la costante sensazione di affogare.
Di molte cose.
La libertà ha il profumo dei fiori nel parco di Groundwater quando Flora, libera e felice, si decide a festeggiare la primavera e tutto il parcheggio sotterraneo sa di promesse.
Ha il sapore del sangue di eroi disposti a sacrificarsi affinché nulla sia perduto.
E' il rumore di una scarica di proiettili e di pugni che impattano contro gli zigomi.
E' il dolore acuto di ferite tenute a bada da sedativi, è il fastidio di un interrogatorio.
Libertà è il suono di voci familiari, abbracci, risate, sa del metallo che ricopre il suo corpo quando innalza lo scudo.
Libertà è anche il sapore delicato del tè amaro che sorseggia dopo aver parlato a lungo ed essersi guardato intorno, alla Base, osservando facce nuove e sconosciute.
Facce speranzose, facce decise, facce volitive.
La libertà è tutti loro, nei comunicati, nel coraggio di chi si espone e si squarcia per proteggere i propri compagni.
Libertà è scelta.
Non è un chip, non un'etichetta, nemmeno un nome.
E' scegliere di essere. Come essere, quando, perchè.
Ma libertà è anche altre cose.
E' una ragnatela di legacci sottili, fatti di sentimenti leggeri come l'aria e affilati come lame a doppio taglio.
Per quanto possa sembrare paradossale e ridicolo, è la libertà di potersene liberare in ogni momento e non farlo.
Essere liberi significa ricordarsi quanto fa male e farsi male lo stesso.
La libertà, alla fine, ha un sapore aspro e ruvido, ricorda la sabbia.
Questo gruppo, questa alleanza non è diversa da gruppi come le Fenici, professano di muoversi per grandi scopi come la libertà, ma sono persone che non comprendono che tutto quello che stanno facendo l’esatto contrario.
Libertà è un coltello nel cuore e la costante sensazione di affogare.
mercoledì 21 marzo 2018
Blank slate
Dondola le gambe ora che è steso sul letto, sbircia i piedi e ghigna senza rendersene conto.
Gamba destra, gamba sinistra. Destra, sinistra, destra e sinistra, destra sinistra e ancora un'altra volta, da capo.
Per qualche motivo riesce ancora a trovare la forza di stupirsi.
Si stupisce di come anche la cicatrici scompaiano con la facilità con cui si ricostruiscono pezzi di corpo, neonati e pronti per essere feriti di nuovo.
Anche il ricordo di quel fuoco e quel bambino con il cranio sfondato comincia a diventare meno nitido.
Brendan continua a stupirsi di come la mente, umana o superumana non importa, faccia la stessa cosa dei corpi, tabula rasa, una lavagna i cui colori sfumano per permettere ad altre cose di insediarsi.
Altri traumi, altre persone, altre gioie, altri dolori, un castello di carte che si ricostruisce su se stesso ogni volta che crolla, tutte le volte che viene strappato.
La mente ha una capacità limitata. Buttaci troppo dentro e qualcosa si versa fuori.
Le cicatrici, in un modo o nell'altro, si cancellano, o vengono tagliate via.
Non vede perchè non debba cominciare a farlo con tutto il resto.
Gamba destra, gamba sinistra. Destra, sinistra, destra e sinistra, destra sinistra e ancora un'altra volta, da capo.
Per qualche motivo riesce ancora a trovare la forza di stupirsi.
Si stupisce di come anche la cicatrici scompaiano con la facilità con cui si ricostruiscono pezzi di corpo, neonati e pronti per essere feriti di nuovo.
Anche il ricordo di quel fuoco e quel bambino con il cranio sfondato comincia a diventare meno nitido.
Brendan continua a stupirsi di come la mente, umana o superumana non importa, faccia la stessa cosa dei corpi, tabula rasa, una lavagna i cui colori sfumano per permettere ad altre cose di insediarsi.
Altri traumi, altre persone, altre gioie, altri dolori, un castello di carte che si ricostruisce su se stesso ogni volta che crolla, tutte le volte che viene strappato.
La mente ha una capacità limitata. Buttaci troppo dentro e qualcosa si versa fuori.
Le cicatrici, in un modo o nell'altro, si cancellano, o vengono tagliate via.
Non vede perchè non debba cominciare a farlo con tutto il resto.
sabato 24 febbraio 2018
Rebound
La prima cosa che fa dopo aver cercato Flora ed Alex, dopo aver impedito loro all'ultimo secondo, con un abbraccio spaccaossa, di uscire dal territorio sicuro di Groundwater con la disperazione di chi presagisce altre disgrazie, è quella di portarli al sicuro.
Il seminterrato della fabbrica che ha scelto come rifugio è intiepidito dalla stufa che è riuscito a rimediare, e i due bambini si addormentano subito, stremati da due giorni di ansia e lacrime.
Brendan, invece, non chiude occhio, il cosmo ancora negli occhi e la mano che va al collo, a tirare un collare invisibile, a tenere insieme la polvere.
Effie. La ragazza coi capelli mezzi rasati, l'altra ragazza. Il medico. Climber.
Gli altri torneranno. Torneranno, davvero?
Eppure era sicuro fosse passata una settimana. Davvero il buio e il terrore dilatano così tanto la percezione del tempo?
Che cosa ha visto davvero?
Gli fa male la testa, ma è un dolore sopportabile, si sente debole come un gattino. Ma non importa.
Non sa se puzza di discarica o sa ancora di profumo. La doccia bollente permette di schiarirgli un po' i pensieri.
Dopo comincia ad impacchettare cioccolato, tutto il cioccolato che ha. Non si sa mai in fondo.
Di due cose è sicuro.
Ammazzerà Genosha.
E troverà l'Uomo Falco.
Il seminterrato della fabbrica che ha scelto come rifugio è intiepidito dalla stufa che è riuscito a rimediare, e i due bambini si addormentano subito, stremati da due giorni di ansia e lacrime.
Brendan, invece, non chiude occhio, il cosmo ancora negli occhi e la mano che va al collo, a tirare un collare invisibile, a tenere insieme la polvere.
Effie. La ragazza coi capelli mezzi rasati, l'altra ragazza. Il medico. Climber.
Gli altri torneranno. Torneranno, davvero?
Eppure era sicuro fosse passata una settimana. Davvero il buio e il terrore dilatano così tanto la percezione del tempo?
Che cosa ha visto davvero?
Gli fa male la testa, ma è un dolore sopportabile, si sente debole come un gattino. Ma non importa.
Non sa se puzza di discarica o sa ancora di profumo. La doccia bollente permette di schiarirgli un po' i pensieri.
Dopo comincia ad impacchettare cioccolato, tutto il cioccolato che ha. Non si sa mai in fondo.
Di due cose è sicuro.
Ammazzerà Genosha.
E troverà l'Uomo Falco.
Le mie mani intorno alle vostre gole, stronzi.
domenica 28 gennaio 2018
Fred Astaire
We are always happy.
Quando torna all'Underground Base Brendan ha ancora gli occhi pieni di lucciole, le narici impastate dal profumo di troppi fiori che Flora ha fatto comparire all'Edificio, le orecchie piene di musica.
Ancora accenna qualche passo di ballo, canticchiando tra sè e sè, facendo finta di schivare pozzanghere inesistenti che ha evitato lungo la strada per arrivare a Groundwater, accennando qualche passo di tiptap con un ombrello immaginario.
Sulle mani, sui vestiti ha ancora il calore di una ragazza con i capelli rossi con cui ha ballato sfidando il ritmo di una canzone e prendendo in giro gli altri.
Sulla lingua ha ancora il sapore amaro di abbracci mancati e lontani e del ricordo di capelli neri che sventagliano l'aria. Gli angoli delle labbra gli fanno male per i sorrisi che ha dovuto forzare.
Cammina leggero come chi non ha un pensiero al mondo, o forse come chi è abituato a muoversi ormai in punta di piedi nel suo stesso universo.
Quando torna nel suo alloggio controlla come prima cosa un vecchio cellulare muto, e poi si volta ad osservare facce conosciute e sorridenti che lo osservano da dietro un vetro e oltre il muro del tempo. Il senso di calore che lo invade è così sbagliato da fargli male.
You still hope. 'Cause that's your nature, you're like me, and we do not give up hope. But... «Le spalle si scrollano.» Everything looks damaged.
Nelle fotografie non c'è danno.
Brendan posa la chitarra accanto ad una parete e prende quella davanti a tutte.
Avevano ballato un sacco il giorno del loro matrimonio. Era stato un giorno di festa come quello, ma quante facce non c'erano più, e quante altre erano cambiate?
Un sospiro, uno di quelli pesanti. Quel giorno c'era stata la neve.
Il maltempo sembrava aver segnato ogni tappa, dai baci timidi sotto un ombrello improvvisato alle volte in cui ascoltavano la pioggia cadere stesi a letto, certi di essere in un nido sicuro.
Brendan ha ancora i capelli umidi di pioggia. E' una pioggia fredda quella, piena di ricordi e della fatica di essere quello che non è, chi non è, giorno dopo giorno dopo giorno.
Il rumore di un messaggio gli fa posare la fotografia, la mano corre al cellulare ancora prima che il cuore sussulti.
Non gli ci vuole molto, forse niente a leggerlo, gli occhi stanchi che fanno avanti e indietro su quelle due parole.
Con calma, Brendan posa il cellulare sul comodino.
Senza preavviso tutte le fotografie di tempi andati vengono scaraventate a terra da un gesto furioso del suo braccio che spazza la scrivania.
Il fragore di vetri infranti si sente anche fuori dall'alloggio.
Quando anche l'ultimo vetro si è spezzato, il respiro affannoso come se avesse corso, Brendan si gira semplicemente per andare a prendere una busta della spazzatura e cominciare a pulire fino a mattina inoltrata.
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