sabato 15 ottobre 2016

Modus ponens

Scambio di messaggi salvato nella memoria del telefono di Brendan, data 15 ottobre, primo pomeriggio.
L'interlocutore è salvato come “Mr. Hyde”



[Sei ancora vivo, fratellino?]


Più o meno. Tu? Come va l'ospite indesiderato?
 

[Io lavoro a quello che sai, lei ti saluta.
Dice che stai bene con i capelli corti.
In effetti sembri proprio una persona responsabile, tipo un preside.]


Ha-ha. Siete simpatici come un dito in un occhio.


                                                                                                                                …


Ce l'hai presente quel gioco idiota?


[Cosa?]


Ma sì! Quello in cui ciascuno fa una parte di disegno, con solo l'ultimo tratto visibile da continuare? Ti sembra di fare un gran bel lavoro, accidenti, un'opera d'arte, ma alla fine poi esce fuori un mostro alato con la testa di culo.
Oppure il gioco del telefono. Questo è un infinito, letale gioco del telefono in cui le due parti opposte finiscono per volersi ammazzare a vicenda anche se fanno parte della stessa catena.
Solo che non è un gioco, le persone muoiono davvero, le persone non si capiscono e in generale non capiscono un cazzo.
A volte sembra quasi che siamo tutti protagonisti di una storia scritta da un dodicenne idiota, poi invece penso alle cose da cucire.
ù

[...ti senti bene?]


Hai mai imparato a cucire, tu? Io mai.
Però mi ricordo nonna Jenna che si diverte a fare le sciarpe, le fa ancora? E i maglioni?


                                                                                                                                …


Sai...
Ho l'impressione che la vita che viviamo è come intessere una tela, e ognuno ha la sua parte. All'inizio ti sembra che vada tutto troppo veloce, è una specie di schifezza: poi ad un certo punto guardi da lontano e ti rendi conto che i fili hanno un senso, che il lavoro è passabile, oppure una gran bella cazzata...ma non lo sai fino alla fine, non te ne rendi conto fino a quando non hai finito e capisci di aver perso un punto, che nel tuo pezzo c'è un buco.
E io spero vivamente che la parte che sto cucendo io non finisca per crollare e distruggere il lavoro che hanno fatto anche gli altri, quelli che stimo, che amo. Qualche buchino me lo posso permettere, qualche piccola mancanza, ma il resto no. Io non mi posso permettere errori...di trama, ecco.
Ha, capito la battuta?
Ecco qua.
E poi mica è un lavoro da fare da solo, nossignore. C'è tanta gente che lavora con te, persone che collaborano, persone che cercano di disfarti la tela quando non stai guardando, persone con un coltello affilato e persone con la quale ti rendi conto di aver stretto un rapporto così forte da non saper distinguere i tuoi fili dai loro.
E ti rendi conto che se mai venisse a mancare quell'intreccio allora sì che sarebbe un bel guaio. Uno si chiede anche come ha fatto a viverci senza, prima.
Vaffanculo, mi sembra di essere in ritardo e di correre dietro ad uno stramaledetto autobus, riuscirò a saltarci sopra per scoprire che è pienissimo e non ho nemmeno fatto il biglietto.


[Hai bisogno di berti una birra.]


Lo so.

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