mercoledì 27 luglio 2016

And his heart grew three sizes that day.

Philadelphia, 16/07/2024 ore 19.20

Brendan scopre di non avere abbastanza forza per quella videochiamata. Il cuore gli sta battendo molto più veloce di quanto dovrebbe, e non riesce a rispondere, reso goffo dal tutore che gli stringe il braccio destro.
Prof gli sta dormendo sulle gambe: il suono delle fusa di quel gatto è sufficiente per tenerlo ancorato lì e dargli il coraggio che serve per toccare quell'innocuo tastino verde sullo schermo.

"Ehi. Guarda un po' chi si vede..."
Cerca di dipingersi in viso il sorriso più smagliante del suo repertorio, ma lo sguardo di Hector è troppo sospettoso.

"Ma dormi?"
La prima domanda interdetta del fratello minore lo fa scoppiare in una risata sincera, così chiassosa che il gatto scappa via, spaventato, e va a rifugiarsi sotto il vecchio divano.
La cosa lo fa ridere ancora di più, sotto lo sguardo perplesso di quel ragazzo dai cortissimi capelli rossi.
Può vedere la stanza del college dietro le sue spalle, un paio di poster, un letto sfatto e una pila di libri.

"Si chiama lavoro, piattola. Forse un giorno capirai anche tu, quando sarai un bimbo grande."

L'occhiataccia di Hector è acuta, così simile a quella di Mary e così comica al tempo stesso che tutta l'ansia, tutta la preoccupazione scompaiono.

"Sul serio, ho visto gente conciata meglio alla fine di una sessione di esami brutti. E poi che hai fatto al braccio?"

Gli vengono in mente lampi improvvisi, gli occhi spietati di un ragazzo troppo simile ad una bestiolina feroce braccata, qualcosa di invisibile che lo investe e l'urto freddo del lampione sul fianco.

Si sorprende anche lui di quanto la sua scusa riesca a suonare naturale.
"Oh, sai com'è, sono caduto. Qui piove un sacco, si scivola che è un piacere!".

Hector non pare molto rassicurato, e il silenzio che piomba all'improvviso fa passare a telepate la voglia di mantenere quel sorriso che è sempre più forzato man mano che il tempo passa.

"Allora? Brendan, cos'è questa storia della Young Gifted School di cui mi hai parlato via messaggio? Non stavi lavorando come tassista?"

"Ho smesso di fare il tassista da qualche mese, ormai."
Quelle parolo gli escono pesanti come piombo. Non vuole sentirsi in colpa, ma è più forte di lui.
Di tutta la sua famiglia, forse Hector è l'unico a non meritarsi tutti quei segreti, e la paura di incontrare il suo sguardo, la paura di scoprire cosa c'è dentro, lo costringe a tenere il suo verso il pavimento.


"Ora capisco perchè non dormi. Da quanto?"

Brendan comincia ad avere improvvisamente la gola molto secca, e deve schiarirsi la voce più volte prima di continuare a parlare. Mettere in parole quello che pensa si rivela difficile: nella sua testa è tutto alla rinfusa e i pensieri gli scorrono troppo veloci per afferrarli.

"...Dall'inizio del nuovo anno. Sono...ci stavo pensando da Natale. Non ce la facevo più da solo, e poi...sono rimasto a dare una mano."

Un'altra pausa, e una ventata di orgoglio, calda come lava, scaccia via quel perenne grumo di angoscia che lo tradisce ogni santa volta che deve parlare con qualcuno della sua famiglia.

"Non ce la facevo a vedere...cosa succede. Ho anche io una responsabilità. Non me ne potevo stare fermo e buono. Non posso starmene con le mani in mano, Hector. Voglio...creare qualcosa. Costruire. E...io ci credo davvero in quello che sto facendo. In quello che la Scuola fa. A dispetto di...tutto."

Rialza la testa quasi di scatto, e guarda il fratello minore quasi con aria di sfida.
"E qua io resterò, comunque vadano le cose."

La cosa più assurda dell'atteggiamento di Hector è che sta sorridendo. No, meglio, sta ghignando.
"Io che studio come un matto chiuso in questa topaia e tu che vieni bello e tranquillo a dirmi che sei diventato un insegnante." Un sospiro, e il ragazzo scuote la testa, compassato.
"Tu...professore. Proprio tu. Tanto vale che mi diano già la carica di Presidente degli Stati Uniti."

"Grazie. Posso sempre contare su di te quando voglio ridimensionarmi."
Brendan sbuffa, alzando gli occhi al cielo, sarcastico, senza nemmeno sforzarsi per nascondere il sollievo evidente, che lo invade e lo fa sentire più leggero.
"E poi studio anche io, che ti credi. Non è il tipo di studio che ti immagini, ma..."

Hector lo interrompe con entusiasmo incongruo e quasi infantile.
"Ora riesci a controllare la gente entrandogli in testa? Potresti farmi ballare che so, il tip tap? Puoi farmi vedere che so, una bottiglia di birra dove non c'è? Puoi..."

Il telepate lo vede infervorarsi, le guance che gli diventano rosse, e istintivamente porta le mani avanti a sè, per proteggersi, ridendo.
"Calma, stop, fermati! Certe volte mi sembra che tu abbia ancora undici anni. Comunque no, la telepatia non funziona tutta così e non per me. Ma..."
Lo sguardo si fa improvvisamente furtivo, e cerca di guardare nella stanza del fratello, sospettoso.
"Siamo soli?"

Il fratello annuisce con aria di aspettativa: è seduto a terra, a gambe incrociate, ma per un attimo gli sembra  davvero un bambino che aspetta la storia della buonanotte.
Brendan si guarda intorno, e decide di alzarsi per prendere il suo zaino. Dentro ci sono delle monete cadute, lo sa e lo può percepire. Sentire il metallo intorno a lui è ancora una sensazione strana, lo mette parecchio a disagio, come se gli prudesse la pelle. Ma si sta abituando.

Torna con un paio di quelle monete strette nel pugno sinistro. Hector sembra parecchio incuriosito, ma la curiosità si trasforma in vero e proprio stupore quando quegli innocui pezzetti di metallo cominciano a levitare pigramente a circa cinque centimetri dal palmo aperto di Brendan. E' troppo semplice farlo, basta un pensiero.

"No, dai! Non ci credo!"

 Il telepate lascia ricadere le monete, e ridacchia stancamente.

"La prossima volta mi faccio pagare per lo spettacolo. Sono cinquanta dollari, prego."

Una risata, ed Hector scuote la testa.
"Diamine, quasi non ci credo che puoi fare una cosa del genere. Quindi sul serio insegni ai ragazzini? Nostra madre sarà così fiera di te..."

Brendan annuisce, ridendo anche lui: ricorda bene la sottile, bonaria delusione di Mary nel vedere i suoi figli intraprendere carriere così diverse dalla sua.
"Non ne sarei così sicuro. Per come stanno andando le cose mi sembra strano non sia già piombata in casa mia come un falco."

Il giovane al di là del telefono arriccia il naso, e il suo sorriso entusiasta scompare pian piano.
"Ho sentito alla tv che cosa stanno combinando a Philadelphia. Nemmeno qui la situazione è tranquilla...ma...non è una città così grande. Al campus stanno girando ogni genere di storie "
Hector si allunga verso il telefono, indicandolo con un fare serio, troppo per un ragazzo di quasi ventidue anni.
"Prometti che fai il bravo, mh? Sei un attiraguai professionista, ma non scherzare, specialmente con questa legge che gira al Senato. Non puoi sapere quello che succederà a quella scuola. Mamma e papà si stanno preoccupando a morte per te."

"Non posso dirti niente, tranne che...ci lavoriamo. E no, non posso tirarmi indietro nè ho intenzione di farlo.".
E' il turno di Brendan di fare una smorfia. Quel forte senso di orgoglio bruciante è tornato, così estraneo e familiare al tempo stesso.
"E non posso prometterti niente, se non che quando ho un buco libero li vado a trovare."

La pausa che fa dopo gli pesa molto più del previsto, e quando torna a parlare sente la gola di nuovo secca.
"Constantine? Dovevamo vederci a Newark, ma...non risponde ai messaggi. L'ho anche chiamato, ma rifiuta...".

Un'ombra inquieta passa sul viso di Hector, e stavolta sì che c'è da preoccuparsi. Sono secoli che non lo vede così nervoso: nemmeno durante le ultime feste natalizie, quando tutti  avevano passato il tempo a litigare come cani, aveva visto quell'espressione.
"Non lo sai." Quella non è una domanda, e gli fa sprofondare il cuore qualche centimetro sottoterra. "Constantine si è licenziato. Lui e Louise stanno compilando le carte per il divorzio. Non lo so che sta succedendo di preciso, ma...dovresti parlare soprattutto con lui."

Brendan scopre in quel momento che si ci può sentire preoccupati per una persona e anche, allo stesso tempo, sorpresi di esserlo.
"Lo faccio solo per farti contento." Mugugna, lasciandosi scappare un mezzo sorriso quando l'espressione del fratello si rischiara.

Il suono di una sveglia li fa sobbalzare entrambi, e il telepate si lascia scappare l'ennesimo dei sospiri esausti, girandosi per spegnerla.
"Devo tornare a lavoro, piattola. Ci si sente, d'accordo? Ora ho parecchio da fare, cerco di fare un salto ad Albany quando posso, che magari parliamo di persona e ti racconto meglio."

Il fratello minore fa un occhiolino, annuendo. "Non ti preoccupare. Lo sappiamo che sei un uomo affermato ed occupato, ormai."

Brendan ridacchia, e fa per interrompere la videochiamata.

"E...Brendan?" Si interrompe, incuriosito, quando vede il ragazzo ghignare di nuovo.

"Ce n'è voluto di tempo, eh? Sei proprio una testa di cazzo."

E' quel buonumore a scacciare via ogni ombra dalla conversazione ormai conclusa, e il telepate si ritrova a rispondere con naturalezza, portandosi una mano al cuore, fintamente scandalizzato, ma annuendo nel frattempo.
Sì. Ce n'è voluto di tempo.

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