domenica 31 dicembre 2017
And a happy new year
Sta tenendo da così tanto tempo le mani sotto l'acqua fredda che ha perso sensibilità, e strofinarle tra loro per togliere ogni residuo di polvere della Desert City sta diventando un insieme di gesti goffi.
Per avere le mani pulite devi contare fino a dieci. Da bravo, Brendan. Conta fino a dieci...
-Uno, due...
Non si è nemmeno reso conto di contare, a bassa voce, come gli aveva insegnato a fare sua madre. In realtà non si è nemmeno reso conto di aver ricominciato per la terza volta.
-Che cazzo ci fate qui, comunque? Non vi aspettavo. Cioè, non è manco momento di viaggiare.
-Siamo venuti a dare una mano, che domande!
Le parole tranquille di Hector lo fanno inciampare tra le valigie, e resta a guardare i suoi due fratelli, maggiore e minore, che hanno lo stesso identico sorriso consapevole stampato in faccia.
-Io sono un medico, ho l'impressione che finirà per servirci un botto. E Stan...- Il ragazzo esita un attimo, stringendo le labbra. -Viene qui per quello che è.
E sotto i suoi occhi allibiti, l'uomo annuisce.
-Gliel'ho dovuto dire. E combatteremo, io e Ywain. Non è più il tempo di stare in silenzio. Saremo al tuo fianco...tutti e tre.
-Tre...quattro...
Stanno facendo tardi, ma per qualche motivo gliene importa ben poco.
Si sta vestendo di tutta fretta con la Suit, pronto a correre ancora una volta e immergersi in una giornata piena di punti interrogativi, ma il tepore quieto di casa sua è allettante.
Gli occhi corrono inevitabilmente sulla figura morbida di Josephine, sui capelli scuri, sugli occhi che ora lo scrutano perplessi, sul broncio che ha messo su al proseguire di una discussione già interrotta da baci furiosi.
-Fai attenzione al White, ok? Ci sono stati alcuni avvistamenti che non mi piacciono in zona.
Lo sbuffo di Josephine sposta la frangetta, sollevando le ciocche, ma la donna sta sorridendo.
-Ancora? Non ti preoccupare, faccio attenzione. C'è John con me, non ti ricordi? E non fare quella faccia...solo perchè sono incinta non vuol dire che non posso muovermi, no? Non sono malata...voglio solo vedere come vanno le cose!
Brendan sospira, allungandosi per rubarle un altro bacio, una carezza al ventre che già comincia ad arrotondarsi, lentamente.
-Mi mancherete un sacco per queste...due ore? E dici a John che se vi succede qualcosa lo strozzo!
Si becca il successivo scappellotto dietro la nuca con una risata che non si spegne nemmeno all'ennesimo bacio.
-Cinque, sei...
Non ha intenzione di andarsene senza combattere, se questo è il suo destino. Lo Psych Blast, la sua arma, è in frantumi tra le sue mani. La testa gli scoppia.
Brendan vede con la coda dell'occhio Constantine che lo affianca: Constantine nella sua forma di bianca creatura quasi luminescente, la testa allungata come la fiamma di una candela.
Ha imparato in fretta a combattere, come se fosse nel suo sangue da sempre: Lady Ywain, la Luce dei Giusti, guida le azioni di un sempre più stanco avvocato Scott tutte le volte che quei candidi filamenti ricoprono la sua pelle.
Sono in trappola e lui non riesce più ad alzarsi. Il rombo della grande battaglia nella Old City, vicino ad una YGS che brucia, si è trasformato nel rombo del suo cuore che si impegna a battere quel poco sangue che gli resta.
Qualcuno lo sta prendendo per le ascelle e lo trascina al sicuro, dietro una macchina. Negli occhi luminescenti della creatura riesce ancora a vedere la preoccupazione di suo fratello maggiore, quello che un tempo odiava, quello che si era trasformato davanti a lui un giorno di fine estate, in uno squallido appartamento di Albany.
-Ce la fai a resistere?
-Non...lo so. Stan, non ce la facciamo a raggiungere gli altri, io...
Il simbionte lo zittisce con un gesto della mano affusolata, gli occhi fissi sul fronte nemico in avvicinamento.
-Io ho un'idea. Aspettami qui...e resta nascosto.
-Non fare cazzate...Stan, non...
Gli avevano detto che in punto di morte la vita scorre davanti, ma quello che può vedere da dietro l'auto è una figura brillante che piomba come una freccia tra armate nemiche ed aliene, prima che quel candore faccia spazio al buio dell'incoscienza.
Nelle orecchie, il fragore di un'ultima grandiosa esplosione.
Quando lo ritrovano la sua vita è appesa ad un filo per l'ennesima volta, tra le mani stringe lo Psych Blast spezzato.
Di Constantine invece ritrovano solo qualche pezzo, sotto le macerie del palazzo che aveva fatto esplodere ostruendo il passaggio delle forze nemiche.
-...sette, otto...
Le notizie in televisione gli arrivano ovattate e il gelo sceso nelle ossa non è quello della temperatura in una casa sconvolta da quella che sembra una fuga.
Un'ultima occhiata, un ultimo bacio salato, un'ultima carezza. Nella mente non abbastanza potere da alzare una forchetta, un mal di testa perenne che gli strazia le tempie.
Brendan fa in fretta a correre via, nella testa ancora la voce della telecronista che elenca le norme delle nuove stringenti leggi sui superumani, il cuore stretto in una morsa.
Aveva cominciato a sentire allora il sapore di cenere in fondo alla gola, e non se ne era più andato.
-...nove...dieci.
Ecco. Dieci secondi passati, altri dieci, e le sue mani sono arrossate. Se le guarda, rigirandole alla luce artificiale dei neon nella base, la mente che fatica a tornare al presente.
Stringe le labbra e prende un respiro profondo.
Tra qualche ora passerà un altro anno.
Non sa perchè ma riesce ancora a trovare qualcosa che assomiglia alla speranza in fondo ad un cuore fragile come vetro, braci che dormono sotto uno strato spesso di ricordi.
Non sa nemmeno lui da dove venga quell'ottimismo, non ricorda la musica venire dal nulla come in un sogno, non rammenta una ciocca donata a qualcuno di poco diverso da un fantasma venuto dal passato.
Brendan però sa che continuerà a combattere. Se non per lui, per quelli che verranno.
Forse non siamo i pilastri, ma i meri ingegneri per quelli che sosterranno il futuro che verrà. Forse un giorno dalle macerie si costruirà qualcosa di buono, ed è compito nostro fare in modo che avvenga.
Tra poco passerà un altro anno, sì. Altri ricordi, altro dolore.
Ma lui combatterà.
Per Josephine e i loro sogni mai avverati.
Per la sua famiglia e il ricordo di giorni felici.
Per Max con l'anello piumato all'anulare.
Per Connor e il ghiaccio intorno al suo cuore.
Per Cole e Mark nei loro paradisi artificiali.
Per Arthur, per i frammenti che ne restano.
Per John e l'uomo saldo che è diventato, anche sotto la maschera che è costretto a portare.
Per Vadir e i suoi bambini, per Isabelle, per Routh.
Per tutti gli Alex, per tutte le Flora del passato, presente e futuro.
Per i vivi, e per i loro morti.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci.
Quando guarda l'uomo al di là dello specchio sta sorridendo. Ma è un'espressione feroce.
L'acqua continua a scorrere mentre lui torna a contare per la quarta volta, abbassando lo sguardo sulle mani nuovamente insaponate.
martedì 26 dicembre 2017
Storyteller
Quando si sveglia si accorge di avere sapore di cenere in bocca.
Il suo sogno di luce gli si sfalda davanti: digrigna i denti, scava tacche nel labbro inferiore.
Il dolore pungente gli conferma che sì, è sveglio.
Vorrebbe solo chiudere gli occhi e dormire ancora, ma è già tutto troppo lontano, nel mondo delle cose fantastiche, forse in un'altra dimensione.
Allora mette i piedi a terra e si alza.
Trascorre un altro giorno danzando sull'orlo dell'abisso.
Rincorrendo quell'unico, glorioso sogno di luce.
Il suo sogno di luce gli si sfalda davanti: digrigna i denti, scava tacche nel labbro inferiore.
Il dolore pungente gli conferma che sì, è sveglio.
Vorrebbe solo chiudere gli occhi e dormire ancora, ma è già tutto troppo lontano, nel mondo delle cose fantastiche, forse in un'altra dimensione.
Allora mette i piedi a terra e si alza.
Trascorre un altro giorno danzando sull'orlo dell'abisso.
Rincorrendo quell'unico, glorioso sogno di luce.
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