mercoledì 9 dicembre 2020

Like real people do

"Se dovessi fare una scala da uno a dieci di cosa è peggio, penso che non esiterei." Brendan lo mormora alle magliette che sta piegando con veemenza, quasi gli avessero fatto un torto personale, scuotendo la testa come un cane bagnato. "E ora parlo anche agli oggetti. Meraviglioso. Davvero fantastico." 

 Guarda con uno sbuffo sprezzante la lista di piccoli compiti ripetitivi che si è dato per riempirsi la mente, riprende a piegare e sistemare gli abiti invernali. Si ferma ogni tanto quando la stanchezza ha la meglio e la testa ciondola, un momento appena prima che il telepate si riscuota.

Il sonno gli sfugge e forse è meglio così. Nei sogni non è mai solo.

La sensazione che rimane più a lungo è quella di essere afferrato,come trascinato da un'onda montante ed arrabbiata che lo fa svegliare con il singulto del naufrago che cerca un'ultima boccata d'aria prima di tornare con la testa sott'acqua, sicuro di non riemergere. 

Sogna spesso l'ufficio, all'Osservatorio o anche alla YGS, quello piccolo che non ha mai cambiato in tutta la sua carriera da Professore a Preside. Non importa quale sia, perché puntualmente si riempie di persone, passate e presenti. Di rimpianti, di successi. Chi ha lasciato andare, chi se ne è andato, chi è tornato o chi non è mai rimasto. Amici o nemici o estranei che non hanno mai il volto abbastanza nitido per poterli guardare negli occhi. E lo afferrano. Lo trascinano in mille direzioni, strappando abiti e pelle fino a quando di lui non rimane niente, sommerso da una marea umana che mormora e aumenta.

O corre, corre per le strade di Philadelphia, di Albany, tra le dune di un deserto bagnato dalla luce di più lune. Corre per la YGS, il Freedom Park, Ghost Road, per il parco sotterraneo di Groundwater, corre lungo Memory Lane o per le viuzze della zona industriale. Corre e non si ferma, perchè non è solo, c'è qualcuno dietro di lui ed è meglio che quel qualcuno non lo trovi mai. Corre e continua anche se sa benissimo dove arriverà, in una piazza vociante di cui continua a sentirsi gli occhi addosso.

Non smette mai di sentirsi tutti quegli sguardi ostili addosso, è la cosa peggiore.

"Ma certo che è la cosa peggiore, idiota che non sei altro, e questo ti insegna che sei un gran pezzo di coglione." E Brendan se la prende ancora con le magliette quando le posa nell'armadio con un gesto brusco. "E tutto questo perché non sai stare al tuo posto."

Il telepate si gira con uno scatto per recuperare altri abiti dalla pila dei piegati, ed è in quel preciso momento che il mal di testa, rimasto fino a quel momento in background, esplode senza preavviso. È accompagnato da un'ondata di nausea che lo fa barcollare e ringraziare sia a stomaco vuoto.

Quando riapre gli occhi non è solo. La folla dei sogni lo ha raggiunto di nuovo anche nella realtà,  riempiendo fino all'impossibile l'ambiente. Tendono le mani, decisi a trascinarlo via. Non lo aiuta la consapevolezza non siano reali. Lo sembrano.

"Andate tutti via!"


"Non di nuovo..."

I fratelli Scott si sono dati il cambio da quando è tornato da Veda, prendendosi il loro spazio nella piccola casa senza chiedere il permesso. 

A Constantine, già in cappotto e cappello, basta sentire quell'esclamazione strozzata per fare capolino nella camera. L'avvocato Scott glitcha come molti di quelli che sono tornati durante la seconda guerra di Magnus: sparisce per una frazione di secondo e riappare nel momento in cui vede il fratello addossato ad una parete, le mani avanti come se dovesse tenere a distanza qualcosa o qualcuno, impegnato a tenere a bada un nemico che evidentemente lo terrorizza, ma che non esiste.

"Brendan..." Un sospiro, ma Constantine Scott non si muove dalla porta. Ha imparato, grazie a un bel po' di emicrania, che in quel frangente è meglio non avvicinarsi.

Allo stesso tempo, l'esperienza gli ha donato un paio di assi nella manica. Batte le mani un paio di  volte, abbastanza forte da lacerare il velo che separa il telepate dalla realtà.

Brendan sobbalza e lo osserva, il fiato corto. Per un momento, un attimo solo, non lo riconosce. Batte poi le palpebre, e si riscuote quando la stanza torna vuota a parte per il fratello maggiore, che finalmente si avvicina quando lo vede abbassare le braccia, tossendo per la nausea che ancora gli avvinghia lo stomaco, lottando per riprendere fiato.

Constantine si limita a mettergli una mano sulla spalla, con cautela, lasciando che si sieda sul pavimento. Anche lui lo imita.

"Ehi. E' tutto ok, datti un momento. Non c'è nessuno qui a parte noi."

Ci vuole un altro po' per calmarsi completamente, e Brendan si strofina la faccia con le mani, appoggiando la fronte sulle ginocchia fino a quando il cuore non la smette di battere impazzito. La voce, quando riesce a parlare, è rauca.

"Puoi smetterla di fare la femminuccia. Sto bene."

"Sì, e noi siamo in una rock band." Il rampante avvocato Scott parla ormai con naturalezza di lui e della simbionte, Lady Ywain, come se fossero nati uniti. "Fammi il piacere, e permettici il lusso di mandarti a fanculo."

Il telepate non gli risponde, e e due rimangono seduti in silenzio sul pavimento, fianco a fianco. Constantine è il primo a riprendere la parola, con un cipiglio preoccupato. È un'espressione che non riesce ad abbandonargli il viso nemmeno quando sorride.

"Credi che...smetterà?"

Brendan evita lo sguardo del fratello maggiore, e alza le spalle senza sapergli rispondere. Il silenzio che segue è molto più lungo e pesante, e dopo un po' il telepate si rimette in piedi, stiracchiandosi. Constantine lo imita ancora, come un'ombra.

"Ma non te ne dovevi andare?"

Il simbionte si indica il cappotto."Sì, stavo per farlo. Sei sicuro? Posso rimanere un altro po' qui, ho portato..."

Il telepate ferma il monologo ansioso del fratello mollandogli una pacca sulla schiena e accompagnandolo alla porta, cercando di mettere insieme tutta la vivacità che può fare finta di avere.

"Lascia perdere, e torna a casa tua. Te l'ho detto, se ho bisogno di qualcosa vi chiamo, basta che chiudi la porta, ti ho detto dove mettere le chiavi. Non rimango solo per tanto..."

"Chi..."

Constantine apre la bocca per dare voce alla sua perplessità,  ma poi il viso si illumina con un barlume di comprensione quando mette insieme i pezzi.

"Ah. La rossa di ieri sera, mh? Approvo. Ha delle belle..." Si blocca chiaramente combattuto, proprio mentre sta gesticolando in maniera abbastanza eloquente. "Il servizio di Censura Simbiontica mi suggerisce di usare termini rispettosi"

Poi ghigna. "Quasi temevo ti fossi dato al celibato. Quindi, quand'è che la possiamo conoscere?"

Brendan stavolta lo spinge via oltre l'uscio, ignorando le sue proteste sonore e tutto meno che serie. "Nel tuo caso, mai. Via ora. Sciò. Ricorda la chiamata da fare con Mike."

Riesce a chiudere la porta con uno scatto e poi vi si appoggia, sospirando e ancora massaggiandosi la testa. Lo sguardo si posa sul divanetto nella cucina soggiorno, e gli scappa un sorriso, uno di quelli che in quei giorni sono rari.

Questa volta non è un balletto senza speranza. Non ha la costante sensazione di essere finito in una rete sottile che lo taglia e da cui non riesce a liberarsi, non è una passeggiata tra le spine e i rovi. Ora, anche quando ci sono onde più aspre gli sembra di essere in un mare che riesce a navigare, e stavolta accoglie quell'impressione con un senso di assoluta familiarità.

Brendan si avvicina al divanetto per sfiorarne un bracciolo e sta per accomodarsi, quasi volesse cercare ancora un po' del calore e di quella delicata parvenza di pace, quasi volesse risentire nele orecchie il battito calmo del cuore,  ma si ferma e cambia idea. 

Si allontana, torna con la sua chitarra,  ci vuole un momento per accordarla. Si siede.

Poi inizia a suonare, e per un po' dimentica tutto.

 


 







domenica 5 luglio 2020

Aphelion


Sul tavolo ha poggiato un pacchetto di sigarette, un accendino e un foglietto, e sta guardando tutto senza fare rumore.
Casa è quieta anche se non è nemmeno l'una: è il silenzio che capita nelle giornate davvero, davvero piene.

Oggi lo è stata, in un certo senso, ma la testa continua ad essere in fermento.
Ha di nuovo in mano la chitarra: non è mai stato bravissimo nè sarà mai un musicista, ma è riuscito a ricordare tutti gli accordi delle sue canzoni preferite e la cosa quasi gli riempie gli occhi di lacrime, di nuovo.
Come quando ha ricordato il nome dei suoi gatti.
Cosa ha mangiato a cena.
La strada di casa, senza sbagliare e senza dover ricorrere al navigatore.
Il suo indirizzo.
Il numero della sua compagna, di Max, di Constantine, Hector, di sua madre, di suo padre.

Pezzi più o meno importanti che riprendono il loro posto e il loro ordine, fili dell'ordito che si dipanano con chiarezza che non ricorda di aver mai avuto.
La sua vita.
C'è anche altro, qualcosa che sa di una sera umida, di sangue e metallo, ma lì la memoria si rifiuta di arrivare e non è un problema.

Ci sono pezzi che è bene vadano perduti e posti in cui è meglio non tornare.

Ma gli altri? Gli altri non glieli ruberà più nessuno.

Rabbrividendo, si alza, per andare a chiudere la finestra e posare la chitarra: lo sguardo corre verso la stanza dove Michael, quello grande, sta dormendo spossato.
Lui è una persona a sé, un uomo alto col sorriso da ragazzo, ma Brendan non riesce a resistere all'impulso di avvicinarsi, di rimboccargli le coperte zitto zitto e di riavviargli i capelli scombinati come i suoi, senza riuscirci.
Dovrebbe fargli un regalo di compleanno, anche se è passato da un po'.

Sta ancora pensando a cosa fare mentre richiude la porta, quatto quatto, andando di là a controllare un lettino debolmente illuminato da lucine gialle di Natale, appese fuori portata.
Il suo sguardo incontra quello assonnato di un marmocchietto riccio in pigiamino con i dinosauri, che tende le mani verso di lui e piagnucola un bel distinto "papà" che gli scioglie il cuore e fa stampare un sorriso sulle labbra.

"E tu che ci fai ancora sveglio, piccola peste?"

Michael, quello piccolo, sta crescendo: è alto per i suoi quasi diciotto mesi, con un sorriso contagioso e impudente che nemmeno il capriccio notturno riesce del tutto a cancellare. Si strofina gli occhi chiari, identici ai suoi, e si appoggia alla spalla del padre quando lo prende, saltellando sul posto e tornando poi a sedersi sulla stessa sedia della cucina prima che la magrezza lo tradisca.

Lo sguardo corre all'esterno, al cielo: cerca senza riuscirci il profilo di Knoxos mentre coccola e rassicura suo figlio ancora incerto tra la veglia e il sonno.
Babylon è un nome stupido.
Sbuffa una risata silenziosa, che fa sobbalzare Mike.

"Hey. E' tutto ok." Brendan lo abbraccia e lo fa saltellare sulle ginocchia. "Non ti lascerò solo, marmocchietto."

E la mente corre, limpida come non mai, va a molte cose.
A feste di compleanno con coriandoli, torte,  montagne di regali, voci e risate squillanti di bambini e cori stonati di tanti auguri a te.
A una prima bicicletta, a ruote tolte e ginocchia sbucciate.
A recite e partite di Basket e vestiti di Halloween, dolcetto o scherzetto e carote con biscotti lasciati sul piatto per Babbo Natale.
E scivoli e altalene e zainetti e compiti, favole prima di andare a dormire, piccole delusioni e gioie e il tempo che scorre.

A un matrimonio e una barca.

Al futuro. Oltre.

"Are we gonna be heroes?"
E Mike ridacchia quando Brendan gli fa il solletico, tornando ad accoccolarsi  e addomentandosi poco dopo, beato e al sicuro tra le braccia del padre che si alza per andare a buttare nel cestino le sigarette.
"Yes. I think we'll be."



Non puoi proteggere gli altri se non ti prendi cura di te stesso. E' la differenza fra l'eroe e la vittima sacrificale. Me lo hai insegnato tu.

 
 

domenica 9 febbraio 2020

Paranoia

Apri gli occhi.

La sveglia ha suonato, è l'orario giusto? Tanto vale alzarsi e iniziare a prepararsi per la giornata anche se è più presto del solito.
E' davvero l'orario che dice di essere? Controlli un altro orologio, e solo dopo averlo fatto sei tranquillo abbastanza da farti una doccia.

Sotto l'acqua la mente corre da sola e ghigni. E' stata la Gifted Alliance a far saltare i chip di mezza Philadelphia sversando siero nell'acqua corrente? Ti pare di sì, ma non lo ricordi più con sufficiente chiarezza.
E' abbastanza da far svanire il buonumore.

Andrea e Michael dormono ancora, ti vesti veloce e prepari la colazione per loro. Lasci un biglietto e vai via, non mangi.
Mandi anche un messaggio ai tuoi genitori, ai tuoi fratelli. Qualcosa di casuale, ma così capiscono che sei ancora vivo. Strano ma vero, si preoccupano ancora.

Come mai nessuno si è ancora stancato di te?

In garage incroci uno dei vicini di casa e vi salutate con un cenno. Vai verso la moto.

Non sarebbe divertente se ora, proprio ora, in questo esatto momento, tirasse fuori una pistola e sparasse quando non puoi vedere e impedire che il colpo ti faccia esplodere il cuore?
Quando ti giri il ragazzo ha già svoltato l'angolo ed è scomparso per la sua strada.

Ma se si fosse nascosto per farti un agguato?

Passi tutto il tempo fino alla scuola a controllare che nessuno ti stia seguendo.

Arrivi prima delle lezioni, hai tempo per sbrigare burocrazia varia.
E se avessero fatto un attentato? Se avessero rapito qualcuno? Tieni sempre il computer e il telefono acceso, anche quando ormai le lezioni sono iniziate. Lo controlli e ricontrolli.

Ti assicuri che tutti i professori siano lì. Matthew, Anja, Jane, Bob, li passi in rassegna, mandi perfino un messaggio a Max.
Ti dimentichi di averlo fatto e rifai tutto daccapo.
Ti incazzi.

Vai a pranzo con la tua famiglia. Ti stanno guardando strano e non te ne meravigli. Fanno bene.
Hai mangiato? Questo cibo ti fa bene? Ti stai impegnando abbastanza per loro? Stai abbastanza tempo con tuo figlio?

Come mai non si sono ancora stancati di te?

Il pomeriggio è di nuovo per la burocrazia.
Il giardino avrà abbastanza misure di sicurezza? Avranno già piazzato bombe quando non state facendo attenzione? L'inaugurazione andrà bene?

E' più semplice prepararsi per il peggio.
Chiuderanno la Scuola con un pretesto di questo passo. Controlli che i fondi ci siano ancora. Controlli che al Doubter non abbiano scritto niente di nuovo.

Ti dimentichi quello che hai fatto, lo rifai.
Ti incazzi quando te ne accorgi.

Torni a casa dopo cena. Deve esserci qualcosa nel frigo per te ma non hai fame. Te la cavi con una scusa.
Controlli che le finestre siano ancora sicure. Controlli la porta e lo rifai dopo poco quando ti dimentichi.
Andrea ti ferma quando stai per controllare le finestre per la seconda volta.

Passi un po' di tempo con tuo figlio e ti meravigli di quanto stia imparando. Quando si addormenta vi avviate verso il letto.

Michael capirà perchè non ci sei tutto il giorno per lui? Ti odierà per questo o penserà che non ti sei impegnato abbastanza?
E cosa può fare Andrea di te? Di una persona come te, di un buono a nulla: la promessa di non morire non gliela hai mantenuta, anche se poi sei tornato indietro.

Sei un buon padre? Sei un buon compagno? Sei un buon amico, un buon professore, un buon preside, una buona guida?
Perfino Max inizia a dubitarlo, tu lo sai, lo hai visto da come ti parla. Ne sei certo.

Ne sei certo?

Ti stupisce, veramente, che non si siano già stancati di te.

Chiudi gli occhi.