domenica 21 maggio 2017

So far so good

                                                           Philadelphia, 17/12/2025, ore 2.45

Neve.

Come nelle migliori carole natalizie scende lenta, ovattando i rumori della strada già addobbata per Natale, lasciando che la città si assopisca sotto una coltre bianca che l'indomani farà chiudere uffici e scuole.
La casa e l'albero sono stati decorati di azzurro, e la risposta a quella scelta così bizzarra e poco natalizia sta nel piccolo fagotto avvolto in una copertina ad aeroplanini, che Brendan stringe e culla, mentre guarda la neve cadere.

"Lo sai, Alex? Io e tua mamma ci siamo sposati che cadeva una neve proprio come questa."
Perfino il suo tono di voce è basso, morbido, mentre continua ad andare avanti ed indietro, cercando di far addormentare quel piccolo di pochi giorni che ora sbadiglia, gorgogliando, i piccoli pugni chiusi.
Un'ondata di tenerezza sconvolge il telepate, che si china su suo figlio per sfiorare con le labbra la testolina coperta da una sottile lanugine scura, nera, il colore dei capelli di Josephine, scoprendo che, nonostante la stanchezza di svariate notti insonni, è felice come non lo è mai stato.

L'ombra incombente della nave vasaariana, la nave aliena, non c'è più, andata via con promesse di amicizia dopo un'aspra lotta; tutto sembra scivolato via come un brutto sogno.
Resta solo una bella nottata invernale e un neonato tra le sue braccia, quella piccola creatura che è diventato il centro del loro mondo.

"C'era un sacco di gente." Una pausa, e sorride stancamente, continuando a cullare Alexander, avvolto in quella copertina e nella sua bella tutina da Babbo Natale, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso, quasi incredulo.

"C'era un sacco di gente anche quando sei nato tu. Sei già una superstar."

Ride piano mentre va verso il divano, il suo compagno di sventure e pensieri, continuando a dondolarsi, e dondolando ancora le braccia quando si siede, la testa altrove.
Eh sì, c'erano tutti, e quel giorno la stanza di ospedale era rimasta piena tutto il giorno.
C'erano i suoi genitori, quelli di Jo e i suoi fratelli.
C'erano Constantine ed Hector, e suo fratello maggiore aveva gli occhi lucidi di chi si è commosso.
Gli aveva persino chiesto di guardargli nella testa: i suoi pensieri e quelli di Lady Ywain erano così inteneriti da aver fatto commuovere di nuovo anche lui.
Alexander, suo padre, e James, il padre di Josephine, erano rimasti tanto colpiti dalla scelta dei nomi per il nuovo arrivato che erano scomparsi, e Mary li aveva ritrovati ore dopo nel bar vicino l'ospedale, sbronzi marci, a piangere e raccontarsi aneddoti sull'infanzia dei loro due figli ora spudoratamente preferiti.

C'erano Emma e Ben con sorrisi stanchi e regali meravigliosi, Calliope orgogliosa come una zia e un Jordan pensieroso, c'erano Routh, Amelia, Willow, Bryanna, Connor, Jimmy e Mihael perfino, John, Cole, Mark, Isaac e un viavai di gente dalla Scuola e non.
C'erano Maximilian e Arthur che si sfioravano le mani, le fedi tornate al loro posto, accompagnati da parole allegre, tutine di dubbio gusto e abbracci con pacche spaccaossa.

C'era tanta gente da non poterla contare.

Perfino Frank Burton della SCF aveva mandato un messaggio, così come Iris Carter e amici lontani: addirittura Dimitri e Quinn avevano fatto una videochiamata.

Gente, ancora gente, un vortice di volti amici intorno alla sua piccola famiglia: solo l'atto di rievocarli, rievocare le loro parole gentili, le loro emozioni e la loro incredulità gli riempie il cuore fino a farlo scoppiare, e si sente infinitamente ricco.

Si siede, sistemando la copertina anche sulle sue gambe, spostando suo figlio e tenendolo con delicatezza infinita mentre ancora gli parla con il tono morbido delle storie.

"Vedrai...sei nato in un bel mondo, tu. Forse un po' incasinato..."
E ridacchia, mentre guarda il neonato amorevole, stringendolo come se lo volesse proteggere da tutte le cose brutte di quel mondo.

"Ma non ti preoccupare. Tutto cambierà, Alex, te lo prometto. E quando verrà il momento...ci sarà tutta la YGS a darti una mano."
Gene X chiaro come il sole per quel bambino innocente, sprofondato nel sonno profondo di tutti i neonati. Esausto, Brendan sorride ancora.

"Quando tu sarai grande il mondo sarà più bello. E chissà...forse un giorno ci sarai tu a prendere il nostro posto. Tu, Johnny, Dyana, Thomas, Iris...voi sarete il futuro. Rendetelo migliore anche per noi che saremo il vostro passato."

Mani leggere gli sfiorano le spalle mentre ancora sta parlando, e lui non si gira nemmeno, piegando il collo all'indietro e appoggiandosi a Josephine, chiudendo gli occhi.
"Non volevo svegliarti."

 Sua moglie è ancora stanca, le linee del volto ammorbidite da quella maternità un po' inaspettata, ma sta sorridendo anche lei.
"Che gli stai raccontando?"

Brendan le fa spazio quando si avvicina e si siede sul divano, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla.
"Una favola. La più bella di tutte."

Dopo di questo c'è solo il silenzio mentre guardano, tutti e tre abbracciati,  la neve che incessante cade, facendo dormire il mondo intero e una città che adesso possono chiamare davvero casa.